Gesù, il buon pastore, dice di sé che conosce i suoi. Essere conosciuti da Gesù significa la nostra beatitudine, la nostra comunione con lui. Gesù conosce solo coloro che ama, coloro che gli appartengono, i suoi (2 Tm 2,19). Ci conosce nella nostra qualità di perduti, di peccatori, che hanno bisogno della sua grazia e la ricevono, e al tempo stesso ci conosce come sue pecore. Nella misura in cui ci sappiamo da lui conosciuti e da lui soltanto, egli si da a conoscere a noi, e noi lo conosciamo come colui a cui solo apparteniamo in eterno (Gal 4,9; 1 Cor 8,3).
II buon pastore conosce le sue pecore e solamente esse, perché gli appartengono. Il buon pastore, e lui soltanto, conosce le sue pecore, perché lui solo sa chi gli appartiene per l’eternità. Conoscere Cristo significa conoscere la sua volontà per noi e con noi, e farla; significa amare Dio e i fratelli ( 1 Gv 4,7s.; 4,20).
È la beatitudine del Padre riconoscere il Figlio come figlio, ed è la beatitudine del Figlio riconoscere il Padre come padre. Questo riconoscersi reciprocamente è amore, è comunione. Ugualmente, è la beatitudine del Salvatore riconoscere il peccatore quale sua proprietà acquistata, ed è la beatitudine del peccatore riconoscere Gesù quale suo Salvatore. Per il fatto che Gesù è legato al Padre (e ai suoi) da una tale comunione di amore e di conoscenza reciproca, per questo il buon pastore può deporre la propria vita per le pecore e acquistarsi così il gregge quale sua proprietà per tutta l’eternità.
D. BONHOEFFER, Memoria e fedeltà, Magnano, 1979, 163s.